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I motori invisibili del cambiamento

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti
    Simone Marchetti
  • 18 mar 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Cosa muove davvero una persona a cambiare? Non parlo del cambiamento superficiale, quello che si annuncia con entusiasmo il 1° Gennaio e si dimentica a Febbraio. Parlo del cambiamento autentico, profondo, quello che scava dentro e riscrive i contorni dell’identità. Quello che lascia il segno.


Ne ho scritto, ne ho parlato, ci ho pensato tante volte: spesso il cambiamento nasce da dentro, da una specie di insofferenza che diventa insostenibile. È come toccare un fondo, non sempre necessario, ma quando succede… è difficile ignorarlo. Ti chiama. Ti costringe a guardarti allo specchio e a dire: basta.


Ma c’è dell’altro, qualcosa di più sottile e potente.


Ci hanno sempre detto che “chi nasce tondo non muore quadrato”. Forse è vero. Ma provate a lanciare quel cerchio contro un muro solido, più e più volte. A forza di urti, di sbagli, di vita… i bordi iniziano a cedere. Si deformano. E anche ciò che sembrava immutabile comincia a cambiare forma. Magari non diventerà mai un quadrato perfetto, ma non sarà più lo stesso di prima.


Eppure, non è un obbligo cambiare. Chi sente il bisogno di farlo, lo sa già nel profondo. Questo non è un invito. È una riflessione dedicata a chi ci ha provato mille volte… e mille volte è tornato al punto di partenza.


Perché falliamo?


C’è una parte di noi, quella più antica, che resiste con forza. È il nostro sistema di credenze, quella voce interna che ci ripete chi siamo, cosa possiamo fare, dove possiamo andare. La proteggiamo con le unghie e con i denti, anche quando ci soffoca. Cambiare davvero significa tradire quella voce. E non è facile.


Poi ci sono le abitudini, i gesti quotidiani che diventano automatici, radicati, familiari.


Più passa il tempo, più sembrano parte della nostra pelle. E tagliarli fa male.


Ma allora… cosa riesce davvero a smuovere queste montagne interiori?


Due forze, sopra tutte le altre.


La prima, la più devastante, è il trauma. Non lo cerchiamo, non lo vogliamo. Ma quando arriva, spacca tutto. Un lutto, una perdita, un’umiliazione profonda. Le emozioni negative che ne scaturiscono – paura, rabbia, vergogna – sono come detonatori. Esplodono e ti costringono a scegliere: o resti lì a raccogliere i cocci, o ti rialzi e ricominci, con nuove regole.


E tra tutte, l’umiliazione ha un potere incredibile. Chiunque abbia vissuto quel momento in cui si è sentito piccolo, esposto, spezzato… sa di cosa parlo. È lì che nasce una frase potente, quasi sacra: "Non mi sentirò mai più così. Mai più."E spesso è proprio da lì che si comincia davvero a cambiare. Non per orgoglio, ma per sopravvivenza emotiva.


La seconda forza è più dolce, ma non meno efficace: l’esperienza diretta di una realtà diversa. Viaggiare, incontrare, scoprire nuovi punti di vista. Vivere, davvero, una vita che non è la tua. Questo crea fratture nel sistema di credenze. Ti obbliga a chiederti: e se non avessi ragione? E se esistesse un altro modo di vedere il mondo?


Questa trasformazione ha bisogno di tempo. Non esplode, si insinua. Ha bisogno che tu sia disposto ad ascoltare, a metterti in discussione, a lasciare spazio al dubbio. Ma se lo fai, qualcosa cambia. Piano piano, senza rumore, ma cambia.


Il cambiamento può nascere da tante scintille. Ma quando entrano in gioco queste due – trauma ed esperienza – allora sì, è quasi inevitabile. Qualcosa dentro di te si rompe, o si apre. E da lì non si torna più indietro.


Alla fine, i veri motori del cambiamento non sono fuori. Sono dentro. E quando si accendono, non puoi più ignorarli.

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