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Immagine del redattoreSimone Marchetti

La questione della perenne presenza online

Chi segue i miei progetti ed il mio operato sul web, sui social e in generale tramite la parte di "public relations" delle mie realtà si sarà accorto di una cosa.


Da Aprile/Maggio 2021 la comunicazione online si è pressochè fermata.


Una domanda potrebbe sorgere: C'è qualcosa che non va?


Assolutamente no. È stato "solamente" un esperimento, condotto con cognizione di causa e tanta (ma davvero tanta) raccolta dati ed analisi di essi.


Mi spiego meglio.


Le tecniche per far acquisire reputazione e posizionamento all'interno delle varie nicchie di mercato sono molteplici e senza molte delle quali abbattere barriere di ingresso in esse è sicuramente difficile. Se c'è però un "dogma" nell'online marketing è quello del "devi esserci sempre"; non c'è nessun corso, percorso di formazione o mentore (non guru, eh) che non citi questo metodo come uno tra i fondamentali.


Siamo proprio sicuri che sia così? La mia, a volte odiosa, tendenza a mettere in dubbio sempre tutto mi ha portato ad una decisione impopolare: cessare di colpo la comunicazione social dei miei progetti per misurarne l'impatto in termini di coinvolgimento della community, vendite, possibilità di relazione e altro.


I risultati sono stati sorprendenti.


Partiamo con ordine: il primo progetto che voglio analizzare è Openminded, una community di professionisti del settore digitale. Fermi tutti, già sento i paragoni con la famigerata Slashers di Montemagno. In un certo senso l'idea nacque proprio dalle esperienze di quella membership ma con principi molto differenti. Mentre Slashers faceva leva sull'esclusività del contesto, la nostra Openimnded si basa sull'esatto opposto, ovvero quello di imbattersi in un gruppo di professionisti "normali", con problematiche "da tutti i giorni" e soprattutto senza quel senso di "qui dentro ci diciamo cose che la fuori non vi dicono" che ormai nessuno sa più come vendere.


Una community genuina, fatta di gente poco sofisticata con una sola e semplice barriera di ingresso: il poter dimostrare di lavorare nel settore digitale attivamente. Si, esatto, non costa assolutamente nulla.


Se stai leggendo questo case study nel 2022 o oltre, ti interesserà sapere che Openminded ha all'attivo anche il blog che stai consultando in questo momento.


Tornando alla nostra analisi, il progetto è nato nel 2019 con tanto social media marketing ed il raggiungimento di risultati discreti: 200 iscritti nel primo mese di vita.


Niente male, vero?


Non esattamente.


Al raggiungimento della soglia di 500 utenti della community la situazione online si è plafonata notevolmente. Il budget non era infinito e certamente l'intenzione non era quella di far concorrenza al Montemagno di turno. Ma non è questo il punto.


A parità di budget per la promozione del progetto, gli ingressi spontanei calarono notevolmente di qualità nei mesi successivi, fino ad andare praticamente fuori target al settimo mese consecutivo di campagne attive. Questo significa che la targettizzazione aveva fatto il suo corso e che le piattaforme da noi scelte (Facebook e Instagram) andavano a parare altrove finendo per raggiungere le persone sbagliate.


Da questo cosa abbiamo imparato?


Essere sempre online è una risorsa fine a se stessa. Lavorare sulla quantità non ha portato a risultati sostenibili nel tempo e ha addirittura rischiato di compromettere il progetto. Non nascondo il momento in cui l'ingresso libero aveva seriamente messo in discussione il valore della community, trasformandolo in un banalissimo forum di "ho sentito dire che...".


Essere online ad oltranza illudendosi della regola "più contenuti fai, più possibili utenti/clienti raggiungi" è una stronzata.


L'attenzione deve spostarsi più sulla valutazione del bacino di utenza, partendo da un principio fondamentale: le persone interessate a quello che hai da offrire sono limitate.


Viene da se che con un seguito generato da altre dinamiche (es. personaggi pubblici e sempre esposti) il bacino di utenza ha un limite molto più lontano da raggiungere, ed è proprio questo a portare molti mentori dal seguito notevole a sostenere tale tesi.


Il tutto, ridimensionato a ciò che un professionista medio potrebbe mettere in piedi, si traduce in un limite molto più vicino e raggiungibile in pochissimo tempo.


E la favola del "pubblica con costanza, tieni duro e credi nei tuoi sogni che prima o poi ce la farai?" Ecco, abbiamo appena compreso il limite anche di questo grande cavallo di battaglia di chi pretende di spiegare come funziona il marketing.


Il principio del dover essere sempre online per aumentare la probabilità di raggiungere persone interessate al tuo progetto o servizio è come pretendere di incontrare l'anima gemella passando giorno e notte al centro di una piazza, con l'obiettivo di essere notato dal maggior numero di persone, sperando che tra esse vi sia la persona perfetta.


Concludendo il discorso Openminded, abbiamo impostato una struttura di acquisizione indipendente dall'attività di online marketing, ed il flusso di utenti, pur non avendo mai avuto picchi clamorosi, è rimasto costante nel tempo. La struttura ad inviti unita a campagne sporadiche ci ha portato in breve tempo a raggiungere i risultati di sei mesi di presenza intensiva, fino a non misurare cali neppure nel corso dell'esperimento condotto con zero attività online.


Ad oggi registriamo circa 1000 membri della community, più della metà dei quali acquisiti senza tecniche di presenza online martellante ma con attività di passaparola online e offline e con piani di marketing che si concentrano sul breve termine (Principalmente contenuti multimediali sulle Instagram Stories a frequenza molto bassa).


L'esperimento ha confermato aspetti fondamentali del marketing online ovvero:


- Non bisogna concentrarsi solo sulla quantità di contenuti ma sulla qualità di essi;

- Non delegare totalmente i risultati a singoli aspetti ma concentrarsi su aspetti molteplici;

- Individuare le priorità del progetto essendo consapevoli di non poter raggiungere alcuni risultati nel breve termine;

- Il pubblico ed il numero di clienti ha un limite e bisogna muoversi nel rispetto di tale limite;

- Concentrarsi più sui risultati che sulla comunicazione di essi.


Quindi, tutto questo per dire che: "Alla fine promuoversi online non serve a nulla?"


Assolutamente no, è solo l'analisi di un esperimento che può però generare spunti interessanti.


L'online va capito ed analizzato, bisogna essere in grado di produrre le metriche necessarie e saperle studiare. Non iniziare a pubblicare a raffica senza tenere conto di questo.


Altrimenti davvero, essere sempre presenti online con i contenuti più studiati non servirebbe a nulla.

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